Tra un paio di mesi avrò 30
anni. Quando nel 1988 mia madre compiva 30 anni, aveva una figlia di 5 anni in
grado di scrivere e formulare pensieri quali “questo evento ha lasciato una
macchia indelebile sulla mia anima”. Io a 30 anni non solo non ho una figlia,
ma nemmeno sono più in grado di formulare pensieri così profondi. A
dimostrazione di questo sta il fatto che per scrivere queste 4 righe di merda, volgari
e di banalità estrema, ci ho messo circa un quarto d'ora, mentre a 5 anni per
scrivere quella frase ci misi meno di un minuto.
Fatto sta che compio 30 anni.
10 anni fa andava molto di moda parlare della crisi dei 30 anni. I trentenni
dell'epoca venivano ritratti in ignobili film di Muccino & Co, con
protagonisti attori del calibro di Accorsi & Co, che trattavano il quanto
mai spinoso e controverso tema dei nuovi adulti che poverini volevano
continuare ad avere 15 anni per sempre, ma non potevano.
Il dramma esistenziale da cui
erano afflitti si può riassumere in due macro questioni, da cui poi possono
snocciolarsi singole e svariate modalità di disperazione: cominciare a lavorare
e sposarsi con chi hai/ti ha ingravidato. Insomma, smettere di farsi le canne,
di ubriacarsi in discoteca, di strusciarsi con gli sconosciuti, di vomitare
fuori dai locali, di fare le autogestioni a scuola. Ovviamente in pellicole di
tale profondità sociologica, il passaggio da adolescenti ad adulti (che poi
solo in quelle determinate condizioni storiche si verificava alla bella età di
30 anni) significava anche passaggio dalla vita spericolata
all’imborghesimento.
E quindi insomma, un po' come
gli amici al bar di Gino Paoli, questi giovani 30enni pieni di sogni e belle
speranze, lentamente si trovavano costretti a cedere al richiamo delle
responsabilità sociali e con desolazione, uno a uno, dopo aver fatto l'ultima
cazzata della vita, deponevano la gioventù in un cassetto con la promessa di
ritrovarla una volta all'anno per fare la rimpatriata estiva con gli
amici/amiche e partire liberi da lavoro, coniugi, figli e affini per una
Vacanza, un Viaggio, di quelli veri, di quelli che si usano nella
contemporaneità, nei classici luoghi meta dell’italiano medio che sente le ali
tarpate dalla routine e percepisce quella strana necessità di sentirsi libero e
di sprigionare la propria energia cosmica….insomma quei luoghi come Cuba o Las
Vegas o il Brasile…..lì sì che c’è aria di libertà….non la libertà inutile di
pensare o di esprimersi, intendo la libertà di toccare culi e scopare
moltissimo e ubriacarsi e drogarsi….insomma la libertà vera, quella che tocchi
con mano, mica quella che pensi e basta. Per pensarla e basta non serve volare
di certo fino a Cuba, eh. Insomma, tematica
quanto mai atavica, chiaramente esplicitata in epoca ben anteriore a questa
generazione dei trentenni anno 00, dal detto: “Ad agosto moglie mia non ti
conosco”.
Ecco, è abbastanza
sconcertante pensare che 10 anni fa ci si potesse ancora occupare di questo
tipo di problematiche. E' evidente che il declino era già segnato. Alla fine
questi 30enni che non avevano voglia di diventare grandi, lo sono diventati per
forza e per questi 10 anni, tra una vacanza e l'altra, hanno ridisegnato la
società attuale. E noi ora, anziché la crisi dei 30 anni, ci ritroviamo la
crisi punto.
Non so se ci sia stato un
disegno dietro tutto, fatto sta che oggi la mia generazione ha da affrontare
una crisi dei 30 anni del tutto opposta. In questi 10 anni le cose sono
cambiate moltissimo.
Le due macro questioni
esistenziali che deturpavano le anime dei trentenni anno 00, si sono auto
risolte per la generazione anno 10, in quanto nessuno ha più lavoro e di
conseguenza tutti se ne guardano bene dallo sposarsi e fare figli.
Proprio come era nei sogni di
Accorsi e la sua banda, molti degli attuali 30enni continua a fare la vita di
un adolescente che vive a casa con la mamma e che cerca il lavoro per l'estate
cerchiando con il pennarello gli annunci sul giornale. La maggior parte per
sembrare di non buttare via gli anni migliori continua a studiare. Studia
tantissimo. Laura triennale, biennio specialistico, master, ecc ecc. E in
questa adolescenza senza fine, continua ad avere notti prima degli esami anche
a 33 anni, fa le manifestazioni, occupa le aule. Insomma fa lo studente. Ma
senza un disegno o un progetto....solo per impiegare il tempo.
Poi va bè, a me viene
difficile fare dei discorsi universalizzanti , perché non mi ritrovo per niente
nella mia generazione e non conosco abbastanza persone da fare discorsi
“statistici”….ma posso con quasi totale certezza affermare che la crisi punto è
una menata ben più grande delle menate della crisi dei 30 anni.
I trentenni come me si sono
stufati prima di quelli di 10 anni fa di partecipare alle feste e uscire
strisciando sui gomiti. Cioè l'idea è sempre quella per cui se lo fai per
trasgredire ad una routine è divertente, ma se lo fai tutti giorni potrebbe
essere un problema che richiede l'intervento di qualche istituto preposto alla
cura delle fasce deboli.
Quindi vivere da 15enni non
ci soddisfa e molti di noi vorrebbero invece quella bella stabilità delle
persone più mature, che hanno un lavoro, una casa, una macchina, dei figli.
Ecco, se tutto ciò è imposto socialmente si è pronti a vomitarci sopra dopo
aver baciato una diciottenne appena conosciuta, ma se ti viene imposto il contrario,
ecco che siamo tutti pronti a guidare a 50 all’ora delle macchine familiari per
recarci al lavoro di tutti i giorni, parcheggiando sempre nello stesso posto.
Rincasando in un bel condominio, cucinandoci la cena, guardando la tivvù,
facendo le lavatrici, leggendo prima di addormentarsi, restando fedeli al
proprio partner, ecc ecc.
Insomma abbiamo la crisi di
Accorsi, ma al contrario. La Crisi di Accorsi Inversa. Ecco.
Aneliamo alla mezza età,
quando potremo riposarci in pantofole, guardando Gerry Scotti, senza l’ansia di
gettare gli anni migliori davanti alla tivvù perché non si ha nulla di meglio
da fare. Aneliamo al posto fisso. A tempo INDETERMINATO. Vogliamo che le cose
non cambino più, che si stabilizzino. Vogliamo percepire lo stesso stipendio
tutti i mesi, con la certezza di riceverlo. Vogliamo una casa da sentire
nostra, e non un orrendo monolocale scalcinato pieno di immondizia come una
casa studente, o peggio ancora vivere nella cameretta di quando eravamo
piccoli, con ancora i peluche sulle mensole e i poster dei Nirvana attaccati al
muro con lo scotch. Vogliamo sposarci con una persona e farci dei figli, prima
di essere costretti a partorire a 60 anni, che Carmen Russo lo vediamo tutti
come è e ce la fa, ma io personalmente davvero non me la sento. Vogliamo avere
un prestito dalla banca da saldare noi in prima persona, senza che lo debbano
fare i genitori al posto nostro, come quando facevi le medie che andavi con il
nonno alla posta e ti apriva il libretto garantendo lui per te e mettendoci lui
i soldi.
Insomma, vogliamo la mezza
età.
Quando avevo 20 anni mi ero
ripromessa che non avrei mai avuto la crisi dei 30 anni. L'ho sempre trovata
davvero troppo infantile per una che a 5 anni aveva macchie indelebili
sull'anima. Il destino ha voluto comunque contrassegnare questo periodo della
mia vita con la parola “crisi”, anche se con una valenza completamente diversa.
Una crisi planetaria, tra l’altro, non solo personale e generazionale.
Gli ex trentenni ora sono
alle prese con la crisi di mezza età e relativo trauma, ovvero rimpianto
per tutto quello che hanno perso ora che
non sono più giovani adulti, seguendo quindi lo stesso schema della crisi dei
trent’anni, dovuta al senso di perdita di qualcosa di speciale legato ai loro
20 anni. In un certo senso la loro crisi è sempre dovuta dalla paura di perdere
uno status di benessere nel quale vivevano, per rendersi conto il decennio
successivo che anche negli anni appena trascorsi nei rimpianti di ciò che era,
c’era qualcosa di positivo che si poteva perdere nei 10 anni dopo….e così via,
vivendo continuamente nel passato e rinnegando la propria età naturale. E
avanti, ora ci ritroviamo le milf coi loro toy boy, gli uomini canuti con le
decapottabili sportive, e le solite vacanze a scopo sessuale (che quelle vanno
bene ad ogni età, a patto di rimpiangere sempre la quantità di sesso che si
faceva il decennio prima). E anche proseguendo negli anni, ci sono persone che
non vogliono andare in pensione, ma lavorare per sempre. Che prendono il Viagra
a 70 anni e muoiono di infarto. Anche loro, in qualche modo, anche se di
generazioni diverse, vivono una crisi molto simile a quella dei trentenni anno
00.
Ora, invece, applicando la
teoria della Crisi di Accorsi Inversa, la mia generazione vive la crisi del
futuro, anziché quella del passato. Non ha la paura di essere troppo vecchia,
ma di rimanere un’eterna bambocciona. Non ha paura di perdere quello che ha
avuto, ma di non riuscire ad avere mai nulla. Abbiamo paura di ciò che ne sarà
di noi, ecco, volendo smettere di essere ciò che siamo stati finora.
E non è difficile immaginare
che la nostra crisi di mezz’età sarà contraddistinta da sogni perversi riguardo
l’avere un giorno una pensione tutta nostra, più che da sogni erotici con toy
boys efebici e scultorei.
Staremo a vedere. Per ora non
posso che dire che sì, la crisi del vicino mi sembra più verde, ma anche
penosamente ridicola. E quindi, piuttosto che l’Ultimo bacio, ben venga
quest’ultimo schiaffo che la crisi punto ha dato alla mia generazione, e che per
quanto ci faccia soffrire, almeno ci impedisce di fare troppe figure di merda.